La buona scuola: la dichiarazione di voto di Sel della deputata Annalisa Pannarale

Annalisa Pannarale
Annalisa Pannarale

Colleghe e colleghi deputati, Governo, siamo giunti all’epilogo di questa mortificante vicenda parlamentare. La ricorderemo. La ricorderemo per il vuoto di bellezza e di intelligenza, la ricorderemo per l’eccesso di volgarità, grossi muscoli e nessuna immaginazione. Alla fine, vi portate a casa una prova esemplare di scalpo offerto ai precetti sovrani dell’austerity e del pareggio di bilancio. In questo siete stati esecutori davvero solerti, ma adesso vi rimane davvero ben poco.

In fondo, lo aveva richiesto la stessa BCE in una letterina di suggerimenti
imperativi che aveva mandato nel 2011 all’Italia, ce la ricordiamo. Si sollecitavano riforme che avessero una certa speditezza, una revisione rapida della pubblica amministrazione capace di assecondare ogni compatibilità di bilancio, oltre che le imprese. E ci siete riusciti a fare una scuola che costa poco, subalterna ai bisogni immediati del mercato e sfrondata di tutte quelle componenti partecipative che rischiano di rallentare, secondo voi, ogni processo decisionale. È la vostra idea di società: dura, monolitica, pericolosa.

Questa riforma rischia di trasformare nel profondo la scuola pubblica. Se viene scompaginato un sistema di istruzione per sua natura fondato su cooperazione, collegialità, condivisione di un progetto educativo comune, questo lascia tracce profonde e pesantemente distorsive sull’intero impianto democratico di un Paese.

Avete strappato l’anima alla scuola pubblica e lo avete fatto con un testo tecnico che si occupa solo di gestione, di governance, di ridisegnare un nuovo sistema di potere accentrato e verticistico.
Mentre parlo e vi guardo, mi accorgo che ormai abbiamo detto davvero tutto in quest’Aula. Abbiamo offerto proposte emendative serie e applicabili, abbiamo proposto scelte ragionevoli (il decreto per le assunzioni, il piano pluriennale), abbiamo denunciato la vostra tracotanza e le vostre bugie, troppe. Ne ricorderò solo un paio, perché ci vorrebbero tempi biblici. La prima: ascolteremo tutto il mondo della scuola. Lo avete ignorato, snobbato, scavalcato, lo avete persino insultato, anche lei Ministra, anche lei sottosegretario Faraone, proprio voi, che dovreste tutelare chi forma la classe dirigente; voi, che dovreste avere gratitudine e rispetto per chi ogni giorno accompagna i piccoli, i più giovani, nella scoperta di loro stessi, della loro intelligenza creativa, nel superamento delle fragilità e di quella paura che incute la complessità quando non hai ancora gli strumenti per interpretarla. Ma i vostri occhi non vanno oltre la soglia della propaganda e, superata quella, c’è solo il cinismo.

E ci vuole tanto cinismo per annunciare, come avete fatto, l’intenzione di fermarvi, di organizzare una grande assemblea con tutto il personale della scuola all’inizio di luglio per poi distruggere ogni possibilità con una mortale fiducia posta al Senato.

La seconda delle due bugie che avevo annunciato: risolveremo la vergogna del precariato. Non l’avete risolta, no. Per settimane, in una coazione a ripetere, ci avete ricordato l’assunzione di centomila precari, circa la metà sono certi, sul resto noi ce lo auguriamo.

Comunque, è stato l’unico argomento a vostra disposizione, vi eravate persino illusi – perché il mondo della scuola fingete soltanto di conoscerlo – che potesse essere la vostra arma ricattatoria; per settimane non ci avete detto nulla degli altri precari, quelli che restano fuori, quelli che avete fatto finta che non ci fossero, quelli abilitati con anni di studio e sacrifici, quelli iper-selezionati, quelli che insegnano già da anni e che hanno retto la scuola pubblica mentre i Governi tagliavano le risorse e bloccavano il turnover, quelli che sono precari per responsabilità di questi Governi e che oggi lo diventano a vita, e un concorso con posti insufficienti non è una risposta, perché riporta questi docenti alla condizione di partenza, giusto con qualche punticino in più riservato ma con il rischio di cominciare un esodo senza fine. Ma anche questo lo abbiamo già detto, abbiamo detto già tutto, abbiamo espresso tutti gli argomenti di buonsenso e di ragionevolezza, abbiamo ripercorso il selciato del dettato costituzionale, abbiamo raccontato tutto quello che difende la storia della scuola pubblica e il suo futuro, tutto quello che era stato previsto da quelle che erano menti, quelle sì, illuminate dei costituenti.

Una scuola scomoda perché ti costringe ad interrogarti, pubblica e laica, che non predetermina i destini di studio e di lavoro, un micro-mondo di differenze, di provenienze sociali, geografiche e culturali, un crocevia di desideri e prospettive, una scuola buona perché si lavora insieme e si intersecano competenze intorno a un progetto, perché si è dentro una comunità dove funzioni e responsabilità si svolgono alla pari, una scuola che ti offre conoscenza e strumenti per connetterle perché è questa la valigia che ti mette nella condizione di lasciare la tua condizione iniziale di disagio e di poter andare ovunque nel mondo, attrezzato, saldo, forte.

Emancipazione, orizzontalità, libertà di insegnamento, battaglie del Novecento, degli anni Settanta, molte e molti di voi vi avranno anche partecipato con convinzione e con determinazione e oggi che effetto fa stare dall’altra parte ? Come vi sentite oggi che avete riportato la scuola ad una forma verticistica e gerarchica, oggi che avete violato definitivamente il fondamento stesso della scuola pubblica, la libertà di insegnamento, il prestigio sociale della funzione docente. Docenti chiamati ad agire per compiacenza, docenti distolti dall’arte dell’insegnamento, quella che richiede concentrazione, passione, studio, abnegazione, perché bisognerà trovare persino il tempo di auto-promuovere un rinnovo di incarico, docenti chiamati ad affrontare seri passaggi concorsuali – e questo ce lo avete ricordato con orgoglio – e poi però buttati nella discrezionalità di ambiti all’interno dei quali andare a pescare.

E come vi sentite oggi che avete ristabilito la logica elitaria della scuola per ricchi, in un Paese che vede progressivamente aumentare disgregazione sociale e disuguaglianza territoriale voi avete scelto di frammentare anche l’unitarietà del sistema pubblico scolastico. In un Paese dove il tasso di povertà rischia di aumentare anche una dispersione che è già abbondantemente oltre la media europea, lo Stato si defila prevedendo addirittura nel DEF una previsione di spesa in istruzione che cala di altri 10 miliardi. La vostra «buona scuola», l’abbiamo detto anche ieri, per essere tale deve essere fortunata alla nascita, dentro territori economicamente vivaci, con imprese sufficientemente attive, famiglie nella capacità di finanziare due volte per fiscalità ordinaria e via school bonus, e poi, se la scuola pubblica non convince, ci sono comunque gli incentivi per scegliere le scuole private.

Io lo voglio ripetere anche oggi, la Costituzione lo dice chiaro: potete liberamente aprire qualunque scuola di tendenza, potete liberamente decidere il vostro progetto culturale, ma se volete questa libertà prevista dalla Costituzione la scuola la dovete pagare. Ma anche tutto questo l’abbiamo già detto in Aula e voi siete ancora lì nella vostra sprezzante ottusità. Ed è per questo che a voi non abbiamo più parole da dire, perché avete ridotto questo Parlamento ad un mero esecutore delle volontà ragionieristiche del Governo, avete ridotto voi stessi – lo dico alla maggioranza – ad una subalternità incostituzionale.

È alle persone fuori che ci rivolgiamo, a quei docenti, al personale della scuola e agli studenti che da giorni sono davanti a Montecitorio. Ho sentito parlare di scarso spessore della protesta, in qualche intervento fa. Ma le avete viste le piazze ? Le avete viste le assemblee ? Lo avete visto lo sciopero del 5 maggio (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ? Il problema è che quelli che lottano vi fanno paura; quelli che hanno tenacia e determinazione, per non piegarsi supini al potere, vi inquietano; quelli che hanno ancora la forza di rappresentare, anche con i loro corpi, la realtà, per cambiarla, vi infastidiscono.

Le parole, da questo momento, vanno a questo mondo della scuola, a quel mondo della scuola – lo voglio dire chiaro –, quello che non ha chiesto, non ha mai chiesto di conservare l’esistente: ha chiesto di riformare la scuola insieme, in maniera partecipata e condivisa, partendo dai problemi reali, partendo da problemi come il diritto allo studio, la didattica innovativa, programmi nuovi, a cominciare dall’educazione sentimentale, che ieri avete anche bocciato in un ordine del giorno.

Uscite dalla vostra ignoranza e dall’oscurantismo, informatevi quando parlate di scuola. Non esiste la teoria del gender, al massimo esistono sguardi di genere.

Esistono relazioni sbagliate, esiste violenza e sopruso verso le donne. Bisogna cominciare dalla scuola, altrimenti, quando vi indignate per la morte delle donne, siete soltanto degli ipocriti!

Allora, non sarà questo decoroso palazzo a salvarvi dal giudizio delle persone. Qualche giorno fa un altro popolo, dall’altra parte del mare, ci ha dato una grande lezione di sovranità e di libertà. Avete dimenticato un dettaglio: le riforme si possono stilare, ma non si possono applicare senza il consenso e la collaborazione delle persone. Lo diciamo a tutti quelli che sono fuori. Nessuno che voglia un futuro di opportunità e di equità sociale può rinunciare alla scuola pubblica.

Noi abbiamo bisogno di lottare ora, ora e in tanti, perché abbiamo l’obbligo costituzionale di fermare questa vostra falsa scuola, per garantire una scuola davvero buona e per tutti.