La Costituzione trattata come una Legge ordinaria

INTERVISTA A STEFANO QUARANTA*

Quaranta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qual è la portata politica di questo referendum?
Questo referendum viene ‘venduto’ come una modifica della Costituzione che comporta semplificazione, velocità e riduzione dei costi della politica. Così non è e dirò perché.
Il significato politico però è molto semplice: accentramento dei poteri sul governo, a scapito degli elettori privati del diritto di voto per il Senato, a scapito del Parlamento perché chi sarà abilitato a legiferare sarà il Governo e a danno degli enti locali perché la riforma del titolo V e la clausola di supremazia prevedono nei fatti uno spostamento di poteri dagli enti locali al Governo nazionale.

Il nuovo articolo 117 ridisegna completamente le competenze dello Stato e delle Regioni. Quali le ripercussioni di questa modifica?
Siamo passati dall’essere tutti regionalisti nel 2001 a prevedere invece oggi un accentramento di poteri a livello statale. Il tutto senza aver previsto una Riforma delle Regioni.
Rispetto a questo aspetto, la Riforma è stata fatta male e per due ragioni. La prima: una serie di poteri che dovrebbero essere di competenza nazionale, dall’agricoltura all’industria, non lo sono. Mentre altre, legate alla conoscenza di un territorio, come ambiente e tutela del paesaggio, sono portate su una competenza di livello nazionale. E’ una scelta contraddittoria.
E poi tutte le competenze che non sono comprese né nell’elenco nazionale né in quello regionale sono di competenza regionale quindi alla fine si crea una grande confusione oltre che una enorme contraddizione per cui si fa il Senato delle autonomie e al tempo stesso si tolgono poteri alle Regioni.

Il fronte del Sì sostiene che la Riforma renderà il paese più moderno, lo omogeneizzerà e premierà le Regioni più virtuose. Cosa rispondi?
In maniera generica il Governo sostiene che questa riforma darà stabilità al paese, velocizzerà e semplificherà. Sono solo buone intenzioni che non hanno poi nessun riscontro nella Riforma.
In Italia la velocità non esiste come peculiare ‘problema’ dal punto di vista istituzionale. In Italia si fanno leggi come negli altri Paesi europei, come in Francia o Germania. Anzi il problema è opposto, in Italia si fanno troppe leggi. Il tema della velocità è un tema politico, non istituzionale.
Quello che i cittadini percepiscono come mancanza di velocità nell’approvazione delle leggi non riguarda le istituzioni o la Costituzione, riguarda la volontà politica. Potendo fare una battuta: Renzi non può dire che non sono mai state fatte tante riforme come durante il suo Governo e contemporaneamente sostenere che bisogna cambiare i 47 articoli della Costituzione perché il sistema è inefficiente.
La semplificazione non esiste, perché questa Riforma complica il tutto.
Il Senato non sappiamo bene come sarà eletto sappiamo solo che non sarà eletto dai cittadini, la composizione poi è farraginosa. Sarà composto da dopolavoristi tra sindaci e consiglieri, ex Presidenti della Repubblica e senatori a vita. Poi non si capisce bene come funzionerà, dicono che si riunirà 1-2 volte al mese ma al contempo indicano tempi strettissimi,10 giorni, per impugnare una legge approvata dalla Camera.
Rispetto alla instabilità dei Governi, altro mantra del fronte del sì, non c’è un problema di instabilità legato al cattivo funzionamento delle istituzioni. Il problema è politico, legato alla dinamica interna ai partiti, per esempio l’ultimo Governo Letta è caduto perché Renzi, divenuto segretario del Pd, ha deciso di sostituirlo.

Possiamo sostenere che la Riforma cambia la forma di governo?
Da un lato la Riforma aumenta i poteri del Governo. Il Governo tende di fatto ad accaparrarsi il potere di legiferare. Con l’istituto del voto ‘a data certa’ il Governo ha una corsia preferenziale per legiferare. Secondo la clausola di supremazia il Governo ha la possibilità di scippare qualunque potere alle Regioni in nome dell’interesse nazionale, totalmente discrezionale.
Si aggiunge poi la legge elettorale che con l’elezione, nei fatti, diretta, del Premier, e con un Parlamento compiacente – che invece di controllare il Premier viene controllato dal Premier stesso-, costruisce un Governo più forte del Parlamento.
Il fronte del sì dice che la contrarietà alla Riforma Renzi non è accompagnata da una proposta alternativa. Cosa si sarebbe potuto fare?
Intanto questo Parlamento, eletto con il Porcellum, poteva fare solo piccoli interventi e solo largamente condivisi.
Il nostro gruppo parlamentare aveva proposto, durante la discussione della Riforma, la riduzione dei parlamentari (400 deputati e 200 senatori), pensata in maniera equilibrata, tra Camera e Senato, mantenendo la loro eleggibilità. E aveva proposto di differenziare le funzioni delle Camere (il voto di fiducia al Governo solo alla Camera dei deputati per esempio). Piuttosto che questo pasticcio sarebbe stato più utile il monocameralismo, che pure abbiamo proposto in una serie di emendamenti durante il dibattito parlamentare.

A chi giova questa Riforma?
Renzi non è l’ideatore di questa Riforma, Renzi è l’esecutore. I mandanti sono il Fondo monetario internazionale, JP Morgan, La Signora Merkel, il Governo degli Usa. L’accentramento di potere risponde a una idea di democrazia che non è la nostra. Per cui questa Riforma è emblema della crisi della democrazia che ha origini antiche.

Qual è il più grande bluff della Riforma?
Sono essenzialmente due, da un lato far credere, ed è la cosa più grave, ai cittadini che la qualità della nostra democrazia migliorerà modificando la Costituzione. Mentre il vero problema sono i partiti che non funzionano come dovrebbero e allontanano i cittadini dalla partecipazione. Andrebbero riformati i partiti e non la Costituzione.
Il secondo bluff è quello per cui si dice che sono anni che si aspetta questa Riforma quando invece sono state fatte tante Riforme della Costituzione ma sempre peggiorative (pareggio di bilancio, Titolo V). Questa Riforma anziché dare maggiore stabilità, darà maggiore instabilità, tanto che gli stessi proponenti sostengono che bisognerà fare degli interventi successivi, sia perché ammettono che la Riforma non è perfetta e ci sono tanti aspetti da modificare sia perché la stessa Riforma prevede che si facciano poi degli atti successivi.
Ma la cosa più insostenibile è che siccome le Costituzioni sono delle Carte supreme in cui tutti i cittadini devono potersi riconoscere, questa Riforma sarà messa in discussione dal primo Governo – non di centrosinistra – che dovesse vincere le elezioni. A prescindere dal merito, le Costituzioni possono essere cambiate solo se c’è una larghissima convergenza, non possono appartenere a una parte politica. Hanno fatto diventare la Costituzione una legge ordinaria, che chiunque, vincendo le elezioni, potrà modificare.
Modificando circa un terzo della Costituzione, quasi tutta la seconda parte, si modifica nella sostanza anche la prima, a incominciare dall’articolo 1. E tutto questo è stato fatto senza nessun mandato dagli elettori e ricattando il Parlamento, debole e delegittimato. Per tutte queste ragioni siamo al lavoro per la vittoria del No.

Intervista a cura di Sonia Pellizzari

*deputato Sinistra Italiana e componente del Comitato Esecutivo di Sinistra Italiana con delega Costituzione e democrazia.